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La vita

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RICORDI DI VITA VISSUTA 
TRA GLI 8 E I 15ANNI

 
In primavera


Sveglia all’alba, come in tutto l’anno, per accudire alle capre, ai maiali, ai buoi e portare l’impasto alle galline. Colazione con insalata di pomodori o verde, raramente un uovo fritto, e pane fatto in casa, bagnato se biscottato. Poi cambiarsi i panni addosso più volte rammendati con altri più decenti e via a scuola. Al ritorno pranzo,capre e buoi al pascolo fino al tramonto o accudire ai lavori dell’orto. Col chiarore rimasto o dopo cena a lume di candele ad olio, compiti scolastici. A volte si sgaiattolava in piazza per giocare a nascondino o a guardie e ladri o, se ci procuravamo bottoni, a
“staccia” ( il gioco consisteva mettere i bottoni in un fossetto dietro una pietra posta verticalmente e lanciare un’altra pietra a colpire la verticale; i bottoni venivano vinti da chi copriva il fossetto con quella lanciata). Si giocava anche con trottole fatte a mano personalmente con pezzi di legno duro.
Alle 20 ritirata in casa e di nuovo a studiare vicino al camino finché si andava a dormire.


IN ESTATE


L’innaffiamento degli ortaggi non mancava mai o dalla vasca antistante la sorgente o da pozzanghere naturali o create con arginatura lungo il torrente, travasata con secchi. Dopo la mietitura si spigolava il grano..C’era da rivangare e solcare pomodori ed insalate, fagioli, peperoni, melanzane, piselli,ecc. I pomodori andavano legati a siepi lungo canne legate a pali man mano che i rami si allungavano con virgulti di ginestre. Ovviamente bisognava sempre badare alle bestie o pascolarle. Si stava nella casa in campagna e, quindi, addio a quei giochi in paese. Un allegro diversivo era la pigiatura del grano. Arrivava la raccolta dei fichi. Una faticaccia non solo a raccoglierli e metterli ad essiccare su graticci di canne spaccate ed intrecciate, ma quanto capovolgere i graticci sotto il sole cocente ogni giorno.   Di nascosto, mentre papà dormiva, via nel torrente a fare un bagno o, sollevando massi, pescare qualche anguilla e vociare in libertà. Appena faceva buio a letto per risparmiare l’olio delle candele. Nel 1943 – 44 il cielo era solcato da aerei e
per paura che ci mitragliassero o bombardassero, al minimo rumore di motori, spegnevamo anche quelle fioche luci.


IN AUTUNNO


 Riaprivano le scuole. Più o meno tutto si svolgeva come in primavera a parte i lavori nei campi.
Che festa la vendemmia e la pigiatura dell’uva nella “matra”a mo’di danza. Poi  sentire il profumo del mosto esalante dalla cantina.
Arare i campi con l’aratro trainato dai buoi badando alla perfezione dei solchi, seminare con passo lento il grano o il faveccio. Erano si lavori pesanti come gli altri, ma sembravano piùlievi perchèsi facevano più di buona voglia. Cominciava la raccolta delle olive.


IN INVERNO


La raccolta delle olive era disastrosa. Si raccattavano da terra man mano che cadevano o venivano fatte cadere, tra una pioggia e l’altra, con le mani intirizzite dal freddo, con indumenti inumiditi  e le scarpe inzuppate.
Nei giorni in cui pascolavo i buoi, in un secchiello ricavato da scatolette vuote portavo dei carboni accesi per accendere il fuoco con sterpi e legnetti sotto un capanno di pietre naturale. In tasca avevo pane e fichi secchi passati al forno per colazione. I fichi erano quelli piccoli perché i grandi venivano venduti. Ovviamente nel pomeriggio, al mattino scuola.
Questa era la vita di noi ragazzi:scalzi d’estate, quasi d’inverno, vestiti alla meglio, desiderosi di una caramella, di un pezzo di carne, di un piatto di “pasta accattata (comprata), eppure non imprecavamo. Con quel poco eravamo felici: regnava l’amore.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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